Il propranololo è un farmaco betabloccante (classe II degli antiaritmici
secondo la classificazione di Vaughan Williams) perché, come dice il nome
stesso, blocca l'azione dei recettori beta 1 e beta 2, inibendo così l'attività
del sistema nervoso simpatico.
Il recettore è una struttura molecolare (spesso formata da proteine) che è
posta sulla superficie o all'interno delle cellule e a cui si può legare un farmaco
o una determinata sostanza (es. ormoni). Questo legame attiva una serie di
processi biochimici nelle cellule.
I recettori beta 1 sono situati principalmente nel cuore e nei reni, quelli beta 2
prevalentemente a livello della muscolatura liscia dei polmoni, dell'apparato
gastrointestinale e dei vasi.
Le azioni del propranololo sul sistema di conduzione del cuore (azioni
elettrofisiologiche) sono :
- diminuzione della frequenza di scarica del nodo del seno con riduzione
della frequenza cardiaca.
- aumento del periodo refrattario e diminuzione della conduzione dello stimolo
nel nodo atrioventricolare. Queste proprietà del farmaco sono sfruttate in
presenza di flutter, di fibrillazione atriale o di aritmie sopraventricolari da
rientro (il rientro è una modalità con cui si originano e si mantengono le
aritmie).
- decremento dell'eccitabilità (capacità della cellula cardiaca di rispondere a
determinati stimoli) sia atriale sia ventricolare provocata dall'attivazione del
sistema nervoso simpatico.
- innalzamento della soglia della fibrillazione ventricolare che può essere utile
per la prevenzione della morte improvvisa.
Il propranololo, come tutti i betabloccanti, possiede un'azione inotropa
negativa (diminuisce la contrattilità del cuore) che, assieme al decremento
della frequenza cardiaca, contribuisce alla riduzione del consumo dell'ossigeno
da parte del cuore.
Ciò può essere utile in caso di ipossia (diminuzione dell'ossigeno disponibile)
che favorisce l'insorgenza di aritmie.
L'azione inotropa negativa deve essere tenuta presente quando si somministra
il propranololo ad animali con insufficienza cardiaca.