La terapia della trasposizione delle grandi arterie può essere palliativa
o chirurgica radicale e risolutiva.
Queste terapie sono o sono state eseguite nell'uomo ma è molto probabile
che in futuro possano essere effettuate anche in medicina veterinaria.
La terapia palliativa si esegue con diverse modalità tra cui :
1) iniezione endovenosa di prostaglandine (PGE 1) per mantenere aperto
il dotto arterioso (anche per diversi giorni dopo la nascita), e permettere
il mescolamento del sangue non ossigenato che scorre nell'aorta con
quello ossigenato presente in arteria polmonare.
2) atriosettotomia per creare una comunicazione adeguata tra gli atri per
avere un mescolamento del sangue (manovra di Rushkind con catetere
con palloncino). E' una procedura che può essere necessaria nelle
prime ore di vita.
3) in presenza di difetto del setto interventricolare (comunicazione tra i due
ventricoli) e di stenosi (restringimento) grave della valvola polmonare,
si crea una comunicazione (shunt sistemico-polmonare) tra l'arteria
succlavia ed il corrispondente ramo dell'arteria polmonare per aumentare
il flusso sanguigno polmonare.
4) banding (bendaggio) dell'arteria polmonare per ridurre il volume di
sangue che dal ventricolo destro va in arteria polmonare principale.
La terapia chirurgica radicale prevede :
Lo switch arterioso (intervento di Jatene, correzione anatomica) che
consiste nel riportare le arterie nella loro normale posizione con spostamento
anche delle arterie coronarie.
In questo modo si ristabilisce la connessione corretta tra il ventricolo e il vaso
arterioso (ventricolo destro-arteria polmonare, ventricolo sinistro-arteria aorta).
L'intervento è eseguito nelle prime settimane di vita ed è gravato da una
mortalità precoce del 4% circa e del 3% circa a lungo termine.
La quasi totalità dei pazienti è senza sintomi a venti anni di distanza.
.
Se l'intervento non può essere eseguito precocemente (es. per diagnosi tardiva,
per infezione neonatale), si può impiegare la chirurgia tra i tre e i sei mesi di vita
con l'intervento secondo Mustard o Senning o con quello di Rastelli.
Nell'intervento secondo Mustard (correzione fisiologica) viene rimosso il setto
interatriale e, attraverso l'utilizzo di una placca (patch) di pericardio, il flusso di
sangue dalle vene cave (vena cava superiore e inferiore con sangue poco ossigenato)
viene indirizzato verso la valvola mitrale ed il ventricolo sinistro e da qui ai polmoni
attraverso l'arteria polmonare mentre il flusso proveniente dalle vene polmonari
(sangue ossigenato) viene diretto verso il ventricolo destro e quindi nell'arteria aorta.
L'intervento di Rastelli viene eseguito in presenza di difetto del setto
interventricolare e di stenosi della valvola polmonare con una connessione tra
il ventricolo destro e l'arteria polmonare ottenuto con l'impiego di un condotto
artificiale (protesico) mentre il sangue presente nel tratto di efflusso (di uscita)
del ventricolo sinistro viene indirizzato, attraverso il difetto settale interventricolare,
verso l'arteria aorta con l'utilizzo di un patch (toppa) di materiale sintetico (dacron).
In questi interventi la mortalità precoce arriva al 15% e la sopravvivenza a
trent'anni è del 75% circa.
Possiamo quindi sostenere che oggi la trasposizione delle grandi arterie può
essere trattata chirurgicamente con bassa mortalità precoce e alta sopravvivenza
a lungo termine.
La diagnosi in epoca fetale permette di avere una morbilità e una mortalità più
bassa.
Potete anche leggere la prima e la seconda parte della trasposizione delle grandi
arterie ai seguenti link :
http://www.infocardiovet.com/2013/06/trasposizione-delle-grandi-arterie-nel.html
http://www.infocardiovet.com/2013/12/la-trasposizione-completa-delle-grandi.html
lunedì 30 giugno 2014
giovedì 26 giugno 2014
Procedure interventistiche cardiovascolari nel cane e nel gatto - prima parte
Le procedure interventistiche (cateterismo cardiovascolare terapeutico) sono
eseguite tramite cateteri posizionati nel cuore o in determinati vasi per curare
numerose patologie cardiovascolari.
Risultano minimamente invasive e rappresentano una valida alternativa alla
chirurgia che un tempo era l'unica, se fattibile, opzione terapeutica.
In medicina umana le procedure interventistiche sono utilizzate da molti anni
con un numero elevato di pazienti trattati.
In medicina veterinaria sono state usate per la prima volta nel 1980 per curare
un cane bulldog con stenosi valvolare polmonare e oggi sono impiegate sempre
più spesso.
I cateteri sono introdotti in genere dalla vena giugulare o femorale e qualche volta
dall'arteria femorale e sono fatti progredire, sotto controllo radiologico, fino alla
zona dove si effettua il trattamento.
Le procedure interventistiche nel cane e nel gatto vengono utilizzate per
le seguenti terapie :
1) dilatazione delle valvole cardiache ristrette (stenotiche) sia semilunari
(aortica e polmonare) sia atrioventricolari (mitrale e tricuspide)
2) dilatazione di vasi ristretti (stenotici) - stenosi delle vene cave, coartazione
aortica, nell'uomo delle arterie coronarie
3) dilatazione di aperture ristrette o creazione di nuove aperture -
cor triatriatum, sindrome di Budd-Chiari
4) chiusura di vasi (dotto arterioso pervio) o di difetti (aperture) del setto
interatriale o interventricolare
5) rimozione di trombi o emboli, terapia trombolitica locale
6) rimozione di parassiti dal cuore e dai vasi (filarie)
7) trattamento dell'insufficienza mitralica cronica del cane (ancora in fase
sperimentale)
eseguite tramite cateteri posizionati nel cuore o in determinati vasi per curare
numerose patologie cardiovascolari.
Risultano minimamente invasive e rappresentano una valida alternativa alla
chirurgia che un tempo era l'unica, se fattibile, opzione terapeutica.
In medicina umana le procedure interventistiche sono utilizzate da molti anni
con un numero elevato di pazienti trattati.
In medicina veterinaria sono state usate per la prima volta nel 1980 per curare
un cane bulldog con stenosi valvolare polmonare e oggi sono impiegate sempre
più spesso.
I cateteri sono introdotti in genere dalla vena giugulare o femorale e qualche volta
dall'arteria femorale e sono fatti progredire, sotto controllo radiologico, fino alla
zona dove si effettua il trattamento.
Le procedure interventistiche nel cane e nel gatto vengono utilizzate per
le seguenti terapie :
1) dilatazione delle valvole cardiache ristrette (stenotiche) sia semilunari
(aortica e polmonare) sia atrioventricolari (mitrale e tricuspide)
2) dilatazione di vasi ristretti (stenotici) - stenosi delle vene cave, coartazione
aortica, nell'uomo delle arterie coronarie
3) dilatazione di aperture ristrette o creazione di nuove aperture -
cor triatriatum, sindrome di Budd-Chiari
4) chiusura di vasi (dotto arterioso pervio) o di difetti (aperture) del setto
interatriale o interventricolare
5) rimozione di trombi o emboli, terapia trombolitica locale
6) rimozione di parassiti dal cuore e dai vasi (filarie)
7) trattamento dell'insufficienza mitralica cronica del cane (ancora in fase
sperimentale)
venerdì 20 giugno 2014
Scompenso cardiaco nel cane e nel gatto - nona parte
In questo post vengono descritte le linee guida della terapia cronica
della malattia valvolare del cane in classe di scompenso D proposte
dall' ACVIM (American College of Veterinary Internal Medicine) nel 2009.
I cardiologi veterinari hanno trovato un unanime consenso (consensus)
per l'impiego di :
1) furosemide
il dosaggio di questo farmaco deve essere aumentato, se necessario,
per ridurre l'edema polmonare e i versamenti cavitari (es.ascite) a meno
che questo non sia limitato dalla presenza di disfunzione renale.
Tra i cardiologi vi è un ampia variabilità nell'applicazione dell'incremento
di questo dosaggio (es. aumento della frequenza di somministrazione
da 2 a 3 volte al giorno oppure somministrazione 2 volte al giorno ma
con dosaggi più alti o ancora aggiungendo alla somministrazione orale
quella sottocutanea).
La funzione renale dovrebbe essere controllata 12-48 ore dopo
l'aumento della posologia.
2) spironolattone
si comincia la sua somministrazione, se non era già stata intrapresa,
in classe C di scompenso.
3) beta bloccanti
non viene consigliato di iniziarli a meno che i segni di insufficienza
cardiaca non siano sotto controllo.
Non si è invece raggiunta l'unanimità per l'impiego di questi farmaci
(no consensus) :
1) idroclorotiazide
è consigliata da alcuni cardiologi in aggiunta alla furosemide utilizzando varie
modalità di somministrazione (es. ogni 2-4 giorni). Altri cardiologi sottolineano
come il suo uso possa favorire lo sviluppo di insufficienza renale acuta o di
marcate alterazioni degli elettroliti.
2) pimobendan
alcuni cardiologi propongono la sua somministrazione 3 volte al giorno a
0.3 mg/Kg.
3) digossina
alcuni cardiologi consigliano il suo utilizzo nei soggetti con fibrillazione atriale,
mentre una minoranza di cardiologi anche nei nei soggetti con ritmo sinusale
(ritmo cardiaco normale) e in mancanza di evidenti controindicazioni.
4) sildenafil
viene proposto da alcuni cardiologi nella terapia dell'insufficienza cardiaca
con o senza ipertensione polmonare.
5) beta bloccanti
la maggioranza dei cardiologi consiglia di non sospendere la loro
somministrazione quando sono già stati iniziati negli stadi più precoci
della malattia.
Può essere necessaria una riduzione del dosaggio (es. per bradicardia e/o
ipotensione).
I beta bloccanti possono essere anche utili per diminuire la frequenza cardiaca
nella fibrillazione atriale in animali digitalizzati e stabilizzati.
6) sedativi della tosse e broncodilatatori
una minoranza di cardiologi consiglia la somministrazione di questi farmaci
per curare la tosse cronica e intrattabile.
La terapia in fase acuta dei cani in classe di scompenso D può essere letta
cliccando sul sottostante link :
http://www.infocardiovet.com/2014/05/lo-scompenso-cardiaco-nel-cane-e-nel.html
della malattia valvolare del cane in classe di scompenso D proposte
dall' ACVIM (American College of Veterinary Internal Medicine) nel 2009.
I cardiologi veterinari hanno trovato un unanime consenso (consensus)
per l'impiego di :
1) furosemide
il dosaggio di questo farmaco deve essere aumentato, se necessario,
per ridurre l'edema polmonare e i versamenti cavitari (es.ascite) a meno
che questo non sia limitato dalla presenza di disfunzione renale.
Tra i cardiologi vi è un ampia variabilità nell'applicazione dell'incremento
di questo dosaggio (es. aumento della frequenza di somministrazione
da 2 a 3 volte al giorno oppure somministrazione 2 volte al giorno ma
con dosaggi più alti o ancora aggiungendo alla somministrazione orale
quella sottocutanea).
La funzione renale dovrebbe essere controllata 12-48 ore dopo
l'aumento della posologia.
2) spironolattone
si comincia la sua somministrazione, se non era già stata intrapresa,
in classe C di scompenso.
3) beta bloccanti
non viene consigliato di iniziarli a meno che i segni di insufficienza
cardiaca non siano sotto controllo.
Non si è invece raggiunta l'unanimità per l'impiego di questi farmaci
(no consensus) :
1) idroclorotiazide
è consigliata da alcuni cardiologi in aggiunta alla furosemide utilizzando varie
modalità di somministrazione (es. ogni 2-4 giorni). Altri cardiologi sottolineano
come il suo uso possa favorire lo sviluppo di insufficienza renale acuta o di
marcate alterazioni degli elettroliti.
2) pimobendan
alcuni cardiologi propongono la sua somministrazione 3 volte al giorno a
0.3 mg/Kg.
3) digossina
alcuni cardiologi consigliano il suo utilizzo nei soggetti con fibrillazione atriale,
mentre una minoranza di cardiologi anche nei nei soggetti con ritmo sinusale
(ritmo cardiaco normale) e in mancanza di evidenti controindicazioni.
4) sildenafil
viene proposto da alcuni cardiologi nella terapia dell'insufficienza cardiaca
con o senza ipertensione polmonare.
5) beta bloccanti
la maggioranza dei cardiologi consiglia di non sospendere la loro
somministrazione quando sono già stati iniziati negli stadi più precoci
della malattia.
Può essere necessaria una riduzione del dosaggio (es. per bradicardia e/o
ipotensione).
I beta bloccanti possono essere anche utili per diminuire la frequenza cardiaca
nella fibrillazione atriale in animali digitalizzati e stabilizzati.
6) sedativi della tosse e broncodilatatori
una minoranza di cardiologi consiglia la somministrazione di questi farmaci
per curare la tosse cronica e intrattabile.
La terapia in fase acuta dei cani in classe di scompenso D può essere letta
cliccando sul sottostante link :
http://www.infocardiovet.com/2014/05/lo-scompenso-cardiaco-nel-cane-e-nel.html
lunedì 16 giugno 2014
Ablazione transcatetere con radiofrequenza nel cane
L'ablazione con radiofrequenza consiste nell'erogazione di energia termica
(calore) attraverso la punta di un apposito catetere in corrispondenza della
zona di origine di alcune aritmie (focolaio aritmogeno) o di vie elettriche
anomale (vie accessorie) con lo scopo di "bruciare" queste aree e ottenere
la soppressione dell'aritmia.
In medicina umana l'ablazione con radiofrequenza è di uso comune mentre è
molto più piccolo il numero dei soggetti trattati in medicina veterinaria.
Le correnti elettriche, generate con questa applicazione, sono ad alta frequenza
(0.3-30 KHz) e per l'ablazione cardiaca sono superiori in genere a 10 KHz.
Un corretto utilizzo dell'ablazione richiede :
1) la conoscenza dell'esatto meccanismo che origina e mentiene l'aritmia
mediante l'impiego dello studio elettrofisiologico.
2) la corretta selezione dei soggetti destinati all'ablazione valutando attentamente
il rapporto rischio/beneficio e la provata inefficacia e/o tossicità dei farmaci
antiaritmici impiegati.
Il catetere per l'ablazione, fornito di un elettrodo sulla sua estremità e previa
anestesia generale, viene introdotto per via percutanea in genere nella vena
femorale e fatto risalire, sotto controllo radioscopico, fino al cuore dove l'elettrodo
aderisce all'endocardio e permette, l'effettuazione dello studio elettrofisiologico
endocavitario seguito dall'ablazione del focolaio aritmogeno o della via di
conduzione anomala.
Durante l'ablazione l'energia erogata viene convertita in calore che scalda
l'elettrodo e il tessuto miocadico adiacente con trasferimento passivo di calore
alle sottostanti parti del muscolo cardiaco.
La temperatura raggiunta dall'elettrodo varia tra 50° e 90° con un massimo
di un minuto di applicazione per ogni punto specifico.
Le aritmie che vengono trattate in medicina veterinaria sono :
- aritmie per la presenza di vie anomale come la tachicadia atrioventricolare
reciprocante o la fibrillazione atriale
- tachicardia atriale focale
- flutter atriale
- tachicardie ventricolari nella malattia aritmogena del ventricolo destro del
cane
Nell'uomo l'ablazione con radiofrequenza viene anche impiegata per
sopprimere la fibrillazione atriale e la tachicardia sopraventicolare da rientro.
Le complicanze più frequenti in medicina veternaria sono il danneggiamento
del fascio di His durante l'ablazione delle vie accessorie e l'insorgenza di
ictus autolimitanti quando si effettua l'ablazione di focolai a livello delle
vene polmonari.
In medicina umana le complicanze sono rare e comprendono più
frequentemente il danneggiamento dei vasi dove sono introdotti i cateteri,
lo sviluppo di embolie periferiche, l'insorgenza di bradicardia per lesioni
al nodo seno atriale o al nodo atrio ventricolare, la comparsa di aritmie
ventricolari maligne, la perforazione esofagea, polmonare o cardiaca,
quest'ultima anche complicata da versamento pericardico.
(calore) attraverso la punta di un apposito catetere in corrispondenza della
zona di origine di alcune aritmie (focolaio aritmogeno) o di vie elettriche
anomale (vie accessorie) con lo scopo di "bruciare" queste aree e ottenere
la soppressione dell'aritmia.
In medicina umana l'ablazione con radiofrequenza è di uso comune mentre è
molto più piccolo il numero dei soggetti trattati in medicina veterinaria.
Le correnti elettriche, generate con questa applicazione, sono ad alta frequenza
(0.3-30 KHz) e per l'ablazione cardiaca sono superiori in genere a 10 KHz.
Un corretto utilizzo dell'ablazione richiede :
1) la conoscenza dell'esatto meccanismo che origina e mentiene l'aritmia
mediante l'impiego dello studio elettrofisiologico.
2) la corretta selezione dei soggetti destinati all'ablazione valutando attentamente
il rapporto rischio/beneficio e la provata inefficacia e/o tossicità dei farmaci
antiaritmici impiegati.
Il catetere per l'ablazione, fornito di un elettrodo sulla sua estremità e previa
anestesia generale, viene introdotto per via percutanea in genere nella vena
femorale e fatto risalire, sotto controllo radioscopico, fino al cuore dove l'elettrodo
aderisce all'endocardio e permette, l'effettuazione dello studio elettrofisiologico
endocavitario seguito dall'ablazione del focolaio aritmogeno o della via di
conduzione anomala.
Durante l'ablazione l'energia erogata viene convertita in calore che scalda
l'elettrodo e il tessuto miocadico adiacente con trasferimento passivo di calore
alle sottostanti parti del muscolo cardiaco.
La temperatura raggiunta dall'elettrodo varia tra 50° e 90° con un massimo
di un minuto di applicazione per ogni punto specifico.
Le aritmie che vengono trattate in medicina veterinaria sono :
- aritmie per la presenza di vie anomale come la tachicadia atrioventricolare
reciprocante o la fibrillazione atriale
- tachicardia atriale focale
- flutter atriale
- tachicardie ventricolari nella malattia aritmogena del ventricolo destro del
cane
Nell'uomo l'ablazione con radiofrequenza viene anche impiegata per
sopprimere la fibrillazione atriale e la tachicardia sopraventicolare da rientro.
Le complicanze più frequenti in medicina veternaria sono il danneggiamento
del fascio di His durante l'ablazione delle vie accessorie e l'insorgenza di
ictus autolimitanti quando si effettua l'ablazione di focolai a livello delle
vene polmonari.
In medicina umana le complicanze sono rare e comprendono più
frequentemente il danneggiamento dei vasi dove sono introdotti i cateteri,
lo sviluppo di embolie periferiche, l'insorgenza di bradicardia per lesioni
al nodo seno atriale o al nodo atrio ventricolare, la comparsa di aritmie
ventricolari maligne, la perforazione esofagea, polmonare o cardiaca,
quest'ultima anche complicata da versamento pericardico.
martedì 10 giugno 2014
Tromboembolismo aortico felino - quarta parte
Ci sono poche evidenze scientifiche e scarso consenso tra i medici
veterinari sulla terapia migliore da effettuare nel tromboembolismo
aortico del gatto.
Teoricamente la terapia ideale dovrebbe essere quella che porta alla dissoluzione
dell'embolo ma a tutt'oggi i risultati della terapia trombolitica sono sovrapponibili
a quelli di soggetti trattati con altre procedure terapeutiche.
Per ottenere la dissoluzione dell'embolo si può intervenire con la chirurgia, con
tecniche interventistiche o con la terapia medica.
La chirurgia è rappresentata dalla embolectomia chirurgica che consiste
nell'effettuare una laparotomia (apertura dell'addome) e un'incisione del vaso
interessato attraverso la quale si ottiene la fuoriuscita dell'embolo.
La dissoluzione dell'embolo si può anche ottenere con la trombectomia
reolitica (tecnica interventistica) con un catetere introdotto dall'arteria
femorale e con l'aspirazione dell'embolo utilizzando una soluzione salina
a pressione.
Gli svantaggi di queste metodiche sono principalmente la necessità di
un'anestesia generale ad alto rischio, l'operare su vasi di piccolo calibro
e il danno da riperfusione.
Per questo alcuni clinici ne sconsigliano l'utilizzo.
Il danno da riperfusione compare quando, in seguito alla trombolisi, si ottiene
un ripristino rapido del flusso sanguigno nei tessuti ischemici che porta allo
sviluppo di una grave infiammazione con liberazione nel sangue di potassio,
radicali liberi e tossine che determinano iperkaliemia e acidosi metabolica
con elevata mortalità.
L'iperkaliemia è l'aumento della concentrazione del potassio nel sangue.
L'acidosi metabolica è un aumento degli acidi nei tessuti e nel sangue che
diminuisce quindi il suo PH.
La terapia medica trombolitica comporta l'utilizzo di streptochinasi, urochinasi
e attivatore tissutale del plasminogeno.
Lo streptochinasi è un enzima prodotto dai batteri streptococchi che determina
trombolisi sistemica (generale).
L'urochinasi è anch'esso un enzima e agisce con azione simile a quella dello
streptochinasi.
Entrambi vengono utilizzati per infusione endovenosa continua.
L'attivatore tissutale del plasminogeno viene anch'esso somministrato per
infusione endovenosa continua (0.25-1.0 mg/Kg/ora per una dose totale di
1-10 mg/Kg) e ha un' azione trombolitica solo locale se somministrato a dosi
non elevate.
Questi farmaci sono generalmente efficaci se utilizzati precocemente dopo
l'evento ischemico, cosa che spesso non è possibile nei gatti.
Inoltre richiedono un monitoraggio stretto del paziente con frequenti
valutazioni del suo stato coagulativo.
Gli effetti collaterali più comuni sono il danno da riperfusione e la comparsa
di emorraggie con l'uso di streptochinasi e urochinasi.
La terapia trombolitica viene consigliata quando si verificano ischemie al
cervello, ai visceri addominali e ai reni in quanto è di primaria importanza il
ripristino di un adeguato flusso sanguigno.
Per approfondire il rapporto tra iperkaliemia e cuore potete cliccare sul
sottostante link :
http://www.infocardiovet.com/2013/09/elettroliti-e-cuore-nel-cane-e-nel.html
Potete anche leggere la terza parte del tromboembolismo aortico felino al
seguente link :
http://www.infocardiovet.com/2012/11/tromboembolismo-aortico-felino-terza.html
veterinari sulla terapia migliore da effettuare nel tromboembolismo
aortico del gatto.
Teoricamente la terapia ideale dovrebbe essere quella che porta alla dissoluzione
dell'embolo ma a tutt'oggi i risultati della terapia trombolitica sono sovrapponibili
a quelli di soggetti trattati con altre procedure terapeutiche.
Per ottenere la dissoluzione dell'embolo si può intervenire con la chirurgia, con
tecniche interventistiche o con la terapia medica.
La chirurgia è rappresentata dalla embolectomia chirurgica che consiste
nell'effettuare una laparotomia (apertura dell'addome) e un'incisione del vaso
interessato attraverso la quale si ottiene la fuoriuscita dell'embolo.
La dissoluzione dell'embolo si può anche ottenere con la trombectomia
reolitica (tecnica interventistica) con un catetere introdotto dall'arteria
femorale e con l'aspirazione dell'embolo utilizzando una soluzione salina
a pressione.
Gli svantaggi di queste metodiche sono principalmente la necessità di
un'anestesia generale ad alto rischio, l'operare su vasi di piccolo calibro
e il danno da riperfusione.
Per questo alcuni clinici ne sconsigliano l'utilizzo.
Il danno da riperfusione compare quando, in seguito alla trombolisi, si ottiene
un ripristino rapido del flusso sanguigno nei tessuti ischemici che porta allo
sviluppo di una grave infiammazione con liberazione nel sangue di potassio,
radicali liberi e tossine che determinano iperkaliemia e acidosi metabolica
con elevata mortalità.
L'iperkaliemia è l'aumento della concentrazione del potassio nel sangue.
L'acidosi metabolica è un aumento degli acidi nei tessuti e nel sangue che
diminuisce quindi il suo PH.
La terapia medica trombolitica comporta l'utilizzo di streptochinasi, urochinasi
e attivatore tissutale del plasminogeno.
Lo streptochinasi è un enzima prodotto dai batteri streptococchi che determina
trombolisi sistemica (generale).
L'urochinasi è anch'esso un enzima e agisce con azione simile a quella dello
streptochinasi.
Entrambi vengono utilizzati per infusione endovenosa continua.
L'attivatore tissutale del plasminogeno viene anch'esso somministrato per
infusione endovenosa continua (0.25-1.0 mg/Kg/ora per una dose totale di
1-10 mg/Kg) e ha un' azione trombolitica solo locale se somministrato a dosi
non elevate.
Questi farmaci sono generalmente efficaci se utilizzati precocemente dopo
l'evento ischemico, cosa che spesso non è possibile nei gatti.
Inoltre richiedono un monitoraggio stretto del paziente con frequenti
valutazioni del suo stato coagulativo.
Gli effetti collaterali più comuni sono il danno da riperfusione e la comparsa
di emorraggie con l'uso di streptochinasi e urochinasi.
La terapia trombolitica viene consigliata quando si verificano ischemie al
cervello, ai visceri addominali e ai reni in quanto è di primaria importanza il
ripristino di un adeguato flusso sanguigno.
Per approfondire il rapporto tra iperkaliemia e cuore potete cliccare sul
sottostante link :
http://www.infocardiovet.com/2013/09/elettroliti-e-cuore-nel-cane-e-nel.html
Potete anche leggere la terza parte del tromboembolismo aortico felino al
seguente link :
http://www.infocardiovet.com/2012/11/tromboembolismo-aortico-felino-terza.html
mercoledì 4 giugno 2014
Pimobendan nella cardiologia del cane e del gatto - prima parte
Il pimobendan è un farmaco che è stato introdotto da qualche anno nella
terapia dell'insufficienza cardiaca del cane.
Non è registrato per l'uso nel gatto anche se in questa specie agisce in modo
simile.
Il pimobendan ha un'attività inotropa positiva (aumenta la contrattilità del cuore)
e di vasodilatazione e pertanto viene definito come farmaco inodilatatore.
L'attività inotropa positiva si attua attraverso due meccanismi :
1) inibizione dell'attività della fosfodiesterasi III (un enzima), favorendo in
questo modo l'aumento della concentrazione del cAMP (adenosina
monofosfato ciclico) che porta ad un incremento degli ioni calcio in
entrata nella cellula cardiaca con aumento della contrattilità.
Nei cani con insufficienza cardiaca questa azione, che porta ad un maggior
consumo di ossigeno, è meno pronunciata rispetto a quella di altri inotropi
positivi (es. milnirone).
2) sensibilizzazione al calcio delle miofibrille contrattili della cellula cardiaca con
incremento della contrattilità ma senza aumento del consumo di ossigeno.
L'attività di vasodilatazione si compie con l'inibizione delle fosfodiesterasi III e
V (PDE III e V) con vasodilatazione bilanciata (sia venosa sia arteriosa) e
diminuzione del precarico e del postcarico.
Inoltre il pimobendan sembra avere un'azione di modulazione delle citochine
infiammatorie e del sistema neuroendocrino, un'attività antitrombotica e un
effetto lusitropo positivo (migliora il rilasciamento del miocardio durante la
diastole).
La biodisponibilità del farmaco è circa del 60% e diminuisce con l'assunzione
di cibo e pertanto il pimobendan va somministrato almeno un'ora prima del pasto.
L'effetto farmacologico inizia entro un'ora e persiste per 8-12 ore.
Il pimobendan è metabolizzato nel fegato, escreto con la bile ed eliminato con
le feci.
Il metabolismo nel gatto sembra simile a quello del cane anche se il picco di
concentrazione nel sangue è più precoce e l'eliminazione del farmaco più lenta.
terapia dell'insufficienza cardiaca del cane.
Non è registrato per l'uso nel gatto anche se in questa specie agisce in modo
simile.
Il pimobendan ha un'attività inotropa positiva (aumenta la contrattilità del cuore)
e di vasodilatazione e pertanto viene definito come farmaco inodilatatore.
L'attività inotropa positiva si attua attraverso due meccanismi :
1) inibizione dell'attività della fosfodiesterasi III (un enzima), favorendo in
questo modo l'aumento della concentrazione del cAMP (adenosina
monofosfato ciclico) che porta ad un incremento degli ioni calcio in
entrata nella cellula cardiaca con aumento della contrattilità.
Nei cani con insufficienza cardiaca questa azione, che porta ad un maggior
consumo di ossigeno, è meno pronunciata rispetto a quella di altri inotropi
positivi (es. milnirone).
2) sensibilizzazione al calcio delle miofibrille contrattili della cellula cardiaca con
incremento della contrattilità ma senza aumento del consumo di ossigeno.
L'attività di vasodilatazione si compie con l'inibizione delle fosfodiesterasi III e
V (PDE III e V) con vasodilatazione bilanciata (sia venosa sia arteriosa) e
diminuzione del precarico e del postcarico.
Inoltre il pimobendan sembra avere un'azione di modulazione delle citochine
infiammatorie e del sistema neuroendocrino, un'attività antitrombotica e un
effetto lusitropo positivo (migliora il rilasciamento del miocardio durante la
diastole).
La biodisponibilità del farmaco è circa del 60% e diminuisce con l'assunzione
di cibo e pertanto il pimobendan va somministrato almeno un'ora prima del pasto.
L'effetto farmacologico inizia entro un'ora e persiste per 8-12 ore.
Il pimobendan è metabolizzato nel fegato, escreto con la bile ed eliminato con
le feci.
Il metabolismo nel gatto sembra simile a quello del cane anche se il picco di
concentrazione nel sangue è più precoce e l'eliminazione del farmaco più lenta.
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